Concorso "Dove nessuno è mai venuto prima": "La Solitudine di Plutone" di Allison Bersani

La Solitudine di Plutone, di Allison Bersani


E' ormai da molto tempo che sono qui.
Forse cento o duecento anni - ma il mio corpo è sempre uguale, è lo stesso di quando ero ragazza, di quando sono partita.
E' strano osservare le mie mani, così lisce, ancora morbide – mentre laggiù, sulla Terra, più nessuno, tra chi conoscevo, sarà ancora vivo.
I miei genitori...
Erano così fieri di me il giorno in cui mi hanno salutata, quando mi hanno vista salire sulla navicella P1.

- E' il tuo sogno Sara, siamo così felici per te.
- Anche se non mi rivedrete mai più?
- …
- Mamma, Papà, anche se non ci rivedremo mai più?
- …

I miei genitori – così piccoli, così minuti, così legati.
Avrebbero fatto di tutto per me – anche lasciarmi volar via, se questo era il mio desiderio.
Ma era davvero il mio desiderio?

Mamma, Papà, riuscivate ad immaginare che i desideri possono anche cambiare? Che si possono trasformare?
Se lo aveste saputo – mi avreste avvertita?
Non sono più sicura – col mio corpo da ragazza e la mia mente che ha perso la voglia di contare – che navigare nello spazio fosse veramente il mio sogno.
Nonostante da dove mi trovo possa quasi intravedere Plutone – pianeta degli inferi, regno dell'Ade, per noi umani, eppure glaciale, con la sua temperatura vicina ai -230° C.
Da bambina desideravo così tanto poter toccare il suo suolo, su cui nessuno aveva mai osato camminare.
Mi chiedevo se sarei stata divorata da qualche terribile creatura nascosta, o se, semplicemente, come un'ombra, mi sarei persa tra le sue terre silenziose.
Plutone
infernale e
ghiacciato -
ma non è forse la stessa identica cosa?
C'è davvero un abisso tra la fiamma e il gelo?
O sono più intimamente legati di quanto pensiamo?

Come la mia mano, così fredda ed innaturale – ma è sempre stata così?

- Signorina, sta bene?
- Sì, stavo solo pensando, non preoccuparti.
- Aveva un'espressione così tesa...
- Ormai vi progettano con una tale perizia che riuscite a cogliere ogni sfumatura dell'animo umano.
- E' il nostro compito, signorina. Dobbiamo essere in grado di avvisare la stazione spaziale di ogni più piccolo problema.
- E senza dare nell'occhio... per questo vi costruiscono così simili a noi, anche nell'aspetto.
- Affinché la missione sia il più naturale possibile.
- Ma cosa c'è di naturale in tutto questo?
- …
- Avvicinati Android Sabrina, dammi la mano. E' persino più calda della mia, siamo davvero sicure che sia tu la macchina tra noi due?
- Io non ho dubbi a proposito, signorina.
- Io invece qualche dubbio ce l'ho... sai cosa significa la solitudine?
- So cosa significa per voi umani.
- Allora forse puoi capire come mi sento, dopo tutti questi anni qui.
- Sì, credo di sì.
- Vorrei che mi toccassi Sabrina.
- Come?
Le prendo la mano e la poso sulle mie labbra.
- Mi piace il tuo corpo Sabrina, così agile e morbido – come quello di una donna vera.
Le apro la cerniera sul davanti della divisa, scorgo la sua pelle bianca, candida, delicata.
Lentamente la faccio scendere giù, fino a rivelare i seni, piccoli, sodi. Nudi.
- Non indossi nulla sotto l'uniforme.
- Non è necessario.
La accarezzo dolcemente, sfiorandole il seno con le dita, succhiandolo.
Poi con forza le tiro ancora più giù la cerniera, abbassandole la divisa fino a scoprire i fianchi, morbidi e sinuosi. Non posso fare a meno di affondarvi le mani.
Sento il corpo di Sabrina diventare sempre più caldo.
- La tua pelle scotta.
- Sì, è vero... forse il freddo per cui mi hanno programmata... si è trasformato in un incendio.
E lei signorina Sara, la sua pelle invece non si è ancora scaldata...
- Sì, Android Sabrina, forse per l'inferno che ho dentro – che vorrebbe solo essere spento.


Plutone è sempre più vicino.
Mamma, Papà, non sono più tanto sicura che questo fosse il mio sogno.


Punteggio complessivo: 33,83