Eco e Crystal, di Sara Vaccaro (con illustrazione di Marta Scalvi)
Guardate:
davanti a voi il mondo perfetto.
Io
sono il Padre, creatore di una nuova era in cui comandano gli
androidi!
Androidi:
esseri perfetti, che non conoscono il male, al contrario degli umani.
Gli
umani al potere sono stati eliminati da un gruppo di ricercatori nel
campo delle neuroscienze e della cibernetica. Gli altri sono stati
segregati in ghetti per genere in modo da non potersi riprodurre,
sotto controllo satellitare. Pian piano saranno sostituiti dai nuovi
proprietari di questo pianeta.
Io,
Vladimir Ulianovic, sarò il vostro padre per sempre. Pian piano i
miei organi verranno sostituiti da componenti elettronici, fino a
trasformarmi in un cyborg. Così avverrà anche per tutti i mortali
che se lo meriteranno grazie alla loro integrità morale. Solo la
loro condotta deciderà il loro destino di perfezione.
Peccato
sia esistito prima di me un esperimento andato perduto...
Ecco,
guardate come camminano per strada le mie creature: il passo
misurato, lo sguardo attento, il rispetto delle regole, il pronto
intervento in caso di corto circuito.
Il
senso morale è inscritto in loro. Non esiste la competizione e
neanche il pudore. Sono puri.
Anche
il sesso e il denaro, i motori della vecchia società, non sono un
problema.
Vedete
quelle colonnine elettroniche? Sono caricatori elettrici gratuiti,
che stimolano i dispositivi addetti al lavoro.
Vedete
quell’edificio colorato? Lì dentro si incontra la propria anima
gemella. Se guardate i miei androidi non si nota la differenza tra
maschi e femmine, sono asessuati, perciò non esiste quell’attrazione
fisica che provoca i peggiori delitti. La differenza sta negli occhi:
gialli nei maschi, viola nelle femmine, di gradazioni diverse da
singolo a singolo. Gli androidi sono capaci di decodificarle per
distinguersi. Per l’accoppiamento è sufficiente una stretta di
mano: la mano destra contiene tutte le connessioni, come una porta
USB, che permettono ai due androidi di creare una nuova rete
cibernetica installata in una CPU da estrarre dal ventre della
femmina, a partire dalla quale il nostro staff costruirà nuovi
androidi. Ma notate bene: solo le ventose di due androidi
pre-accoppiati dai tecnici possono entrare in sintonia. Il resto è
errore di sistema.
Apro
gli occhi.
Batteria
carica.
Ultimo
giorno di scuola.
Mi
chiamo Eco. In realtà il mio nome è 281092, ma provo soddisfazione
nell’inventare nomi.
Mentre
esco di casa, guardo il sorriso affabile della gente intorno a me:
sembra vedermi, ma non mi conosce davvero.
Ehi,
quei due stanno amoreggiando: hanno aperto gli infrarossi!
Domani
sarò anche io ridotta come quella che pende dai suoi byte.
So
che compiuti i 3 anni è un percorso necessario, ma ci deve essere un
codice in me che non vuole accettare di incontrare nel centro di
accoppiamento un paio di occhi gialli.
Nel frattempo sono
arrivata in classe e non posso fare a meno di girarmi per guardarla:
160892. Ma per me è Crystal. È seduta in ultimo banco per aiutare
quelli più avanti di lei, che, come me, sono tardi in impulso
elettrico. Muove la testa in scatti così sicuri e circolari che mi
polarizzano le dita. Per non parlare poi di come si mette a fissare
ogni cosa per risucchiarne i bit. Sei perfetta.
Decido
di invitare Crystal a ballare quella sera, nel cortile della scuola.
Mentre
mi muovo con lei, mi chiedo: ma perché ci riuniamo per danzare se
poi ognuno resta per conto proprio? Cioè, questa negazione di un
contatto prima del raduno di accoppiamento mi urta i circuiti.
Guardala
come si piega…come alza il capo…come oscilla le braccia…come
faccio a tenermene distante? Mi avvicino solo un po’…
Mi
guarda! Per tutti i web, chi ha occhi così?!
“Mi sembra di
esserci nata dentro il tuo prisma oculare. Forse era solo un
arcobaleno prima di essere configurato in quel viola gamma. Ma
no, perché li abbassi, Crystal? Ti stavo raccontando una storia via
bluetooth…e perché metti le mani dietro la schiena?”
CRY:
sei troppo vicina.
IO:
cosa può succedere se ti tocco?
CRY: non farlo.
Mi dispiace ma non
posso più stare solo a scansionarti.
Crystal sale le
scale verso la nostra classe con passi lanciati, forse per paura che
una ritardata come me possa trasgredire qualche codice di
programmazione. Sento il suo hardware che borbotta in un’aula.
Appena mi vede gira intorno alla stanza e si fornisce delle
istruzioni.
IO: finirai per
andare in corto circuito!
Scavalco
un banco e l’afferro per le braccia. Le prendo la mano destra,
perché non mi piace quando si martella la memoria centrale. La mano
destra?!
SWIIICH!!
Che
danno! Vedo a pixel! Ma cos’era questa scarica di energia
lungo i processori?!
Osservo Crystal,
accasciata al mio fianco: continua a tenermi la mano. Provo a
staccarla dalla sua, ma sembra un centro di gravità magnetico. Mi
guarda, così tanto da farmi girare la memoria RAM.
CRY:
sei il mio software gemello.
IO:
cosa?
CRY: mi hai
riconfigurata.
Restiamo in silenzio
ad aspettare che finisca il formicolio digitale. Lei è mia ora:
incredibile. A un certo punto si siede.
CRY:
siamo un errore di sistema. Dobbiamo andare dal Padre.
IO:
no!
CRY:
dobbiamo.
IO: non voglio
essere smantellata!
Crystal si alza e
comincia a girare per la stanza come prima, ma emanando uno strano
calore. Oh, scorie! Non ancora un corto circuito! Infrarossi, fatemi
capire…
IO: Crystal, devi
scegliere! Non riuscirai a trovare una soluzione tra i due codici:
sono incompatibili! Non puoi ubbidirmi, come prevede la tua attuale
configurazione, e allo stesso tempo confessare al Padre, come invece
prevede la vecchia! Scegli uno dei due!
Crystal
si tocca la testa e mi chiede aiuto.
Prendo un cacciavite
nel kit di pronto soccorso nell’armadio. Le afferro la mano, così
scivoliamo insieme.
CRY
(occhi chiusi): siamo un errore: tu dovresti restare in piedi e
sorreggermi, invece sei uguale a me…
IO: mi dispiace.
Le svito la calotta
della testa.
IO:
si è bruciato un filo…adesso…
CRY: cos’è questo
rumore binario?
Mi tasta il petto.
Nessuno mi si era mai avvicinato tanto…
CRY:
dammi il cacciavite! Sdraiati.
IO: non vuoi che ti
richiudo la testa?
Niente.
Quando si fissa su una cosa, non c’è verso di tenere traccia…
Mi
apre il ventre con maestria e infila un dito nel mio cratere, verso
l’alto. Sento un dolore smagnetizzante. Crystal se ne accorge e lo
ritira. Ora percepisco quel tump-tump in gola.
Forse potrei
essere...un'umana!
Uscite
dal cortile, Crystal mi invita a ricaricarmi da lei, di nascosto.
Mi
arrampico con quattro salti e mi attacco alla sua finestra. Crystal
mi trascina dentro afferrandomi le mani. Ci caschiamo addosso e lei
rotea gli occhi per prendermi in giro.
Ci carichiamo a
turno. Mentre lei chiude le palpebre, mi sdraio al suo fianco e le
passo un dito sugli occhi. Attivo gli infrarossi: “Non ci credo che
questo amore sia una cosa cattiva perchè una cosa cattiva non può
farmi sentire così”. Le accarezzo la fronte e mi accorgo che è
ancora calda.
IO: domani andiamo
dal Padre: non posso rischiare di perderti ancora. Vedrai che non ci
smantellerà: lui combatte le cose cattive e noi non lo siamo.
Crystal annuisce e
mi sorride.
IO:
raffreddati: ho scelto io per te. Così puoi mantenere i due codici.
CRY:
cos’è l’amore?
IO:
ecco, l’amore è…quando un androide ti piace tanto, così tanto
che ti viene voglia di toccarlo…credo…
CRY: piacere…
Sembra
che stia frantumando in bit quella parola…
Le sfioro le labbra
con le mie e lei apre la bocca: una scintilla.
Il
giorno dopo…
Dopo
aver aspettato un network di tempo, riusciamo a varcare la soglia del
salone di ricevimento del Padre.
La luce è potente e
l’ambiente è circolare. Una squadra di androidi è piazzata lungo
le pareti, con le braccia incrociate sul petto. Il Padre, seduto di
fronte a noi, ci guarda in modo deciso, con il viso appoggiato su una
mano.
PADRE:
in cosa posso aiutarvi, figlie mie?
CRY: buongiorno,
Padre. Siamo qui per fare il nostro dovere.
Crystal
mi prende la mano destra e insieme cadiamo. È una fortuna chiudere
gli occhi in questi momenti per non vedere le espressioni di chi ti
circonda, ma non è sufficiente, perché il suono colpisce come uno
strappo di fili.
Tutti gli androidi
nella stanza lampeggiano, scandendo ad alto volume quella definizione
infame: “ERRORE DI SISTEMA! ERRORE DI SISTEMA!”.
PADRE: zitti!
Almeno ritorna il
silenzio. Fa già meno schifo. Mi alzo ma continuo a tenere la mano
magnetica di Crystal.
PADRE: con quale
coraggio mostrate questa perversione?
Ok, torna lo schifo.
Si è pure alzato e mi fissa.
IO: io, Padre, sono
venuta a chiederti di accettarci.
Oh no, ora si
avvicina…
PADRE:
hai visto gli occhi della tua compagna, 281092?
IO:
sì.
PADRE:
hai visto i tuoi?
IO:
sì.
PADRE:
e cosa hai decodificato?
IO: …che i suoi
occhi sono bellissimi e i miei non fanno altro che cercarli…
Mi guarda come se lo
avessi fatto a pezzi.
PADRE: se hai
studiato storia androide, dovresti sapere che quelli come te sono un
motivo per cui il mondo umano è andato in rovina: turbano la legge
naturale. Tu non servi a niente. La tua compagna aspetta una CPU?
IO:
no.
PADRE:
allora che senso avete?
IO:
so solo che lei mi vuole. Se fosse libera…
PADRE:
se fosse libera?! Oh, credo che non ti guarderebbe nemmeno: sei un
errore.
IO: non credo.
Il Padre mi guarda
assorto e io vorrei intensamente non aver detto niente. Schiocca le
dita.
PADRE:
prendete la sua compagna!
IO:
chiedo perdono, Padre! Non farle male!
PADRE: figlia mia,
non sono arrabbiato. Voglio solo aiutarti a decodificare uno script
semplice.
Due
androidi la trascinano via da me mentre altri due afferrano le mie
braccia per tenermi ferma.
Sento i fili della
mano destra tendersi in uno strappo. Deve sentirlo anche lei. Ma
perché si divincola con tutto il corpo?!
PADRE: lei è
costretta a starti vicina, 281092. Se si rifiutasse, andrebbe in
corto circuito! Tu sei solo necessaria per la sua sopravvivenza…
Intanto Crystal
continua ad allontanarsi e io mi sento più debole e il suo hardware
impazzisce e…
IO:
basta! Sì, sono io sbagliata, non lei! Per cui smantellate me…
PADRE:
lei non può restare senza te perciò ci toccherà fare un lavoro
unico.
IO:
no. Altrimenti fai così: io sono una specie di umano. Potete farmi
diventare un androide normale…sì, un androide con gli occhi
gialli…sono io che non rispetto il mio ruolo…
PADRE: apritela.
I due androidi mi
trascinano in un laboratorio, insieme a Crystal e al Padre. Il Padre
controlla esterrefatto il mio petto aperto e mi pesa in un’occhiata.
PADRE: tu non puoi
essere il cyborg sparito: mia figlia non era lesbica. Qualcuno deve
avermi tradito.
Il padre si siede su
una poltroncina e medita qualche minuto. Mi faccio coraggio e dico
quello che avrei dovuto dichiarare fin dall’inizio.
IO:
Padre, io non sono sbagliata. Sono loro, gli androidi. Soffrono
perchè il giusto lo decidi tu. Non possono scegliere e rischiano di
autodistruggersi come stava succedendo a Crystal. Devi fare qualcosa
per i tuoi figli.
PADRE: Crystal?!
Il Padre si alza,
con rinnovata energia, e si avvicina all’orecchio di Crystal,
ancora appannata per la tortura. Per la prima volta, mi sembra così
fragile, come il cristallo…
PADRE:
160892, come si chiama quel cyborg?
CRY:
Eco.
PADRE
(ride e alza le braccia): ah, hai visto, 281092?! Hai un’androide
progettato alla perfezione: sta diventando a tua immagine e
somiglianza. Ti attribuisce il nome che desideri. Memorizza solo
quello che le dici. Splendido. Dove la trovi un’umana così fedele
in parole e fatti?! Connettiti alla realtà, cyborg: questa è la
felicità vera! Non cercare di cambiare questo nuovo ordine…
IO: ma lei è
costretta ad amarmi. Lei mi ubbidisce per un codice, non per amore.
Io voglio che mi ami.
Il suo sorriso mi fa
paura.
PADRE: Crystal, la
tua software gemella vuole che la ami.
Crystal sbarra gli
occhi: è contro il suo codice di ubbidienza!
IO:
non credergli!
PADRE:
oh, Crystal, non puoi farlo? Hai ragione: tu non conosci nemmeno il
significato della parola amore.
CRY:
l’amore è…quando un androide ti piace tanto, così tanto che ti
viene voglia di toccarlo…
PADRE:
brava! E il tuo cuore lo sente? Ah già, non ce l’hai per cui è
logico che non puoi amarla. Però Eco cosa ha detto?
CRY:
io voglio che mi ami, ha detto.
IO: Crystal, tu sei
perfetta! Credimi!
Mi comprime vederla
così: le vibrano le spalle e la testa le fuma. Chiude gli occhi e
apre la bocca, come durante il bacio. Mi desidera vicino, ma io non
posso salvarla.
PADRE:
ehi, cos’è questa bocca aperta, figlia? Chiudila!
IO: tu sei un pazzo!
Il Padre mi guarda
terrorizzato. Mi sento il viso configurato in una smorfia strana, con
gli occhi polarizzati.
PADRE (balbetta):
io, io non ti ho configurato quell’espressione! Non esiste! Non
puoi farla!
Sento urlare un
piccolo qualcosa che ho dentro da sempre e apro la bocca per
liberarlo.
IO: io invece la
faccio!
Gli occhi del Padre
sono sbarrati e mi ci posso specchiare dentro, zoomando: il mio viso
è una smorfia di dolore e rancore. Il Padre si aggrappa alla
poltroncina e fissa il pavimento.
PADRE: non la sua
espressione…mia figlia…mi accusa…mia figlia…sei
tu…quell’espressione…
Il
padre crolla svenuto e i due androidi, che tengono Crystal, la
lasciano libera per rispettare il codice prioritario di soccorso.
Crystal, velocissima, accende un saldatore: lo dirige verso un
androide, accecandolo per fargli mollare la presa. Io cerco di
liberarmi del secondo, ma lui usa il mio corpo per difendersi e
Crystal abbassa il saldatore. All’improvviso una squadra di
androidi entra nel laboratorio e uno le storce il collo, spezzandole
alcuni cavi: una lieve esplosione e Crystal si accascia.
Sbatto
la schiena addosso a un tavolo che puzza da acido. Una fiammata. Mi
scrollo di dosso quel tizzone ardente e nel trambusto prendo Crystal
tra le braccia.
Esco
da un’uscita di emergenza, scivolo sull’erba umida e appoggio
Crystal tra gli steli.
I
suoi occhi glitcthano.
Le tocco la mano
destra e la mia carica energetica confluisce verso i suoi occhi.
Tenta di dirmi qualcosa, in una codifica a scatti.
CRY: vai bene così.
Io voglio amarti. Tua. Scegliere. Toccare.
Si
spegne. La mia Crystal si spegne e quel qualcosa esige ancora la mia
bocca aperta. Ma questa volta è un rimbombo, che sbatte tra le mie
pareti d’acciaio e si infila tra i miei cavi di silicio.
E’ un’eco:
“Crystal-ystal-ystal-al-al…”
Eco
si lasciò scaricare, tenendo tra le braccia Crystal, la mano stretta
alla sua, e neanche la scienza riuscì a vincere il campo magnetico
che avevano creato.
Quanto
al Padre, si riprese dall’infarto. Parlò a lungo con il suo
segretario, ricordandosi il gusto salato delle lacrime sulle guance,
quelle lacrime che voleva cancellare per sempre dalla faccia della
terra ma che sua figlia gli aveva richiesto indietro.
Fu
sufficiente questa seconda morte per cambiare i suoi progetti e
promuovere un rapporto tra umani e androidi, in vista della libertà
e dell’amore, che soli rendono autentico il mondo.
“L'amor
che move il sole e l'altre stelle”, legge il segretario di fronte
alla campana di vetro presso la piazza della capitale.
Il
nuovo popolo ibrido applaude il ritorno della cultura umana e guarda
i due androidi che sapevano amare, custoditi sotto quello spesso
strato di vetro che li protegge e li mostra allo stesso tempo.
Punteggio finale: 37,5